il pistacchio 

 L’ oro verde dell’Etna

 

Dai Babilonesi ai Brontesi

Il Pistacchio, frutto dalla storia antichissima, noto ai Babilonesi, Assiri, Giordani, Greci, citato addirittura nel libro della Genesi e riportato nell’obelisco, fatto innalzare dal re dell’Assiria, attorno al VI secolo a.C., è un prodotto agro-alimentare che ha contribuito a delineare il patrimonio culturale-gastronomico dei popoli mediterranei. La pianta appartiene alla famiglia delle Anacardiaceae, genere Pistacia. In Italia fu importata dai Romani nel 20 d.C. ma fu solo tra l’VIII e il IX secolo che la coltivazione si diffuse  in Sicilia, grazie alla dominazione Araba. Di questo prezioso frutto, Bronte, paese ai piedi dell’Etna, rappresenta la capitale italiana.

La pistacchicoltura è la principale risorsa economica del territorio di Bronte ma non l’unica. Spiccano per proprietà qualitative anche le varietà di frutta sia verde sia secca (pesche, pere, albicocche, fichidindia, mandorle, noci), il vino, l’olio d’oliva e i prodotti caseari. Bronte ha basato la sua economia sul settore agricolo grazie soprattutto alla terra particolarmente fertile. Questa sua poliedricità è data dalla presenza di diverse specifiche territoriali: dalla lava dell’Etna, che ha reso il terreno adatto alla crescita del pistacchio, ai terreni argillosi-calcarei di origine sedimentaria dei Nebrodi e dei fiumi circostanti, Simeto e Alcantara, i quali hanno reso possibile la presenza di frutteti.

Dai Babilonesi ai Brontesi

Il Pistacchio, frutto dalla storia antichissima, noto ai Babilonesi, Assiri, Giordani, Greci, citato addirittura nel libro della Genesi e riportato nell’obelisco, fatto innalzare dal re dell’Assiria, attorno al VI secolo a.C., è un prodotto agro-alimentare che ha contribuito a delineare il patrimonio culturale-gastronomico dei popoli mediterranei. La pianta appartiene alla famiglia delle Anacardiaceae, genere Pistacia. In Italia fu importata dai Romani nel 20 d.C. ma fu solo tra l’VIII e il IX secolo che la coltivazione si diffuse  in Sicilia, grazie alla dominazione Araba. Di questo prezioso frutto, Bronte, paese ai piedi dell’Etna, rappresenta la capitale italiana.

La pistacchicoltura è la principale risorsa economica del territorio di Bronte ma non l’unica. Spiccano per proprietà qualitative anche le varietà di frutta sia verde sia secca (pesche, pere, albicocche, fichidindia, mandorle, noci), il vino, l’olio d’oliva e i prodotti caseari. Bronte ha basato la sua economia sul settore agricolo grazie soprattutto alla terra particolarmente fertile. Questa sua poliedricità è data dalla presenza di diverse specifiche territoriali: dalla lava dell’Etna, che ha reso il terreno adatto alla crescita del pistacchio, ai terreni argillosi-calcarei di origine sedimentaria dei Nebrodi e dei fiumi circostanti, Simeto e Alcantara, i quali hanno reso possibile la presenza di frutteti.

PROPRIETÀ E BENEFICI

Il pistacchio è un prodotto di pregio per le sue qualità organolettiche.

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Sali Minerali

È particolarmente ricco di ferro, calcio, fosforo, potassio e di zinco, fondamentale per la fertilità maschile. Buono anche l’apporto di magnesio che contribuisce al buonumore.

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Salute

L’attività antiradicalica delle sue sostanze è sfruttata in molte patologie quali le malattie cardiovascolari, l’arterio­sclerosi, alcuni tipi di demenza e per migliorare la qualità della vita durante l’invecchiamento e in corso di malattie croniche. Esso favorisce inoltre l’abbassamento dei livelli di cole­sterolo.

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Sostanze nutritive

Il Pistacchio di Bronte, tra la frutta secca, garantisce il maggior apporto calorico: per ogni 100 grammi 683 calorie. Esso è ricco di proteine e di acidi grassi, omega-3 e omega-6, vitamine del gruppo A, B ed E.

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Altri Usi

La sua versatilità rende il frutto valido anche, in cosmetica e dermatologia per le sue alte doti emollienti.

La “Pistacia Vera”

La Pistacia vera è una pianta di origine persiana. Ha uno sviluppo molto lento e riesce a produrre solo dopo quasi dieci anni dal suo innesto. La pianta, resinosa, dalla chioma folta e ampia, con pendenti grappoli di frutti, è dotata di radici profonde, di un tronco breve e rami contorti, dalla corteccia gialla-rossastra che diventa grigia quando la pianta è adulta.  Il frutto si presenta in grappoli simili a quelli delle ciliegie, ma con un numero maggiore di frutti, con mallo gommoso e resinoso dal colore bianco-rossastro che al momento della maturazione, avvolge un guscio legnoso molto resistente. Su questo territorio cresce spontanea e riesce ad adattarsi una specie arborea, il terebinto (“pistacia terebinthus”), pianta dalla grande rusticità e resistenza alla siccità. Questa specie arborea è stata la fortuna di Bronte poiché gli agricoltori brontesi fin dall’antichità la utilizzano come portainnesto della pianta di pistacchio (“pistacia vera”). La raccolta del pistacchio brontese è biennale eseguita negli anni dispari, tra la fine di agosto e metà settembre. La tipologia del terreno lavico ha sempre impedito l’introduzione di qualsiasi tipo di meccanizzazione, di tecniche colturali o di raccolta razionale, non consentendo l’abbassamento degli elevati costi di produzione e implicando notevole impiego di costosa manodopera. Dopo la raccolta, il frutto mediante sfregamento meccanico viene “sgrollato” (separato dal mallo, l’involucro coriaceo che lo ricopre) ed asciugato per 3-4 giorni al sole. Si ottiene così il pistacchio in guscio, localmente chiamato Tignosella, conservato dai produttori, in attesa di venderlo. Il passaggio successivo è la sgusciatura (mediante specifiche macchine), in altre parole la rimozione del guscio legnoso che racchiude il seme di pistacchio.

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LA LAVORAZIONE DEL PISTACCHIO

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